Similari a delle chips croccanti, le greppole o ciccioli sono un tradizionale snack che accompagna apertivi e stuzzica i palati di giovani ed adulti. Nate come cibo povero rappresentano un chiaro esempio di come l’intuizione umana possa incontrare l’esigenza di produrre un cibo nutriente, a basso costo ma allo stesso tempo gustoso.
Esse sono un antico alimento che si produceva nelle case contadine utilizzando come materia prima il grasso sottocutaneo del maiale. Ad oggi, la sua produzione viene mantenuta da salumifici che non dimenticano le tradizioni di un tempo e dove la tecnica di produzione è rimasta pressoché invariata. Anche se all’epoca, l’analisi sensoriale non era una scienza definita, possiamo operare un raffronto e notare come la tecnologia e le caratteristiche sensoriali di un prodotto come i ciccioli fondino le proprie basi proprio in tale disciplina scientifica.
La materia prima di partenza è rappresentata dallo strato di pelle presente subito dopo la cute esterna dell’animale. Esso è costituito da grasso e da proteine. La trasformazione di quest’ultimo tessuto in greppole ha inizio con una lunga cottura in acqua.
In seguito a questa prolungata fase, si ottiene l’espulsione della parte lipidica e la separazione di quella proteica. Tutto questo contemporaneamente all’evaporazione sia dell’acqua di cottura sia di quella presente naturalmente nello strato di cute.
La tecnologia emersa in questo procedimento fa sì che i pezzetti di tessuto inizino così a friggere all’interno del loro stesso grasso e a rosolarsi. Contemporaneamente così si ottengono due risultati: i ciccioli dorati e lo strutto all’interno del calderone di cottura.
Terminata questa fase, i ciccioli vengono raccolti dalla caldaia e strizzati per eliminare tutto il grasso in eccesso. In molte regioni d’Italia, durante questa fase, i pezzetti vengono arricchiti con aromi quali rosmarino, chiodi di garofano.
Tale antico metodo di produzione, rappresenta una grande intuizione avuta dai nostri avi e potremmo riflettere su come esso incarni il significato dalle profonda e celebre esortazione latina “Sapere aude” ovvero “Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza”.
Ma cosa rende così appetitoso questo calorico snack? Visivamente le greppole si presentano come grossolani pezzi di tessuto dorati esternamente. Mediamente la loro pezzatura è di piccole dimensioni, tali da permetterne il consumo quasi fossero un finger food.
L’aspetto visivo può rimandare ad una lieve panatura superficiale. Quest’ultima intervallata da alcuni cristalli di sale. Il colore è omogeneo e la tonalità aurea dei ciccioli è tendente allo scuro.
All’olfatto, il prodotto rileva la propria intensità, nella quale sentori di fritto e tostato dominano il panorama dell’interno bouquet, nel quale si riscontrano note di vegetale ed erbaceo che ricordano le erbe aromatiche.
Degustando una greppola, la sensazione che ne deriva è un senso di avvolgenza all’interno del palato. I molti grassi contenuti si sciolgono in bocca e determinano tale sensazione di pienezza e di piacevolezza.
Durante l’assaggio del prodotto non intervengono solo i lipidi; infatti si percepisce anche una consistenza pastosa derivante dai tessuti proteici del cicciolo e quest’ultima è intervallata anche da una croccantezza determinata dallo strato più esterno fritto.
Complessivamente la sensazione che ne deriva è quindi di un avvolgente appagamento di un prodotto pastoso ma allo stesso tempo croccante. Dolce, amaro, salato, sapido si intervallano tra loro e sono molteplici le percezioni in bocca che ne derivano dopo la masticazione e la deglutizione.
Infatti, nella sua pienezza e globalità, le greppole lasciano una persistenza untuosità nel cavo orale, descrittori come grasso cotto o fuso permangono in bocca ma questi ultimi risultano equilibrati tra loro al fine di non risultare sgradevoli.
Chiara Gasparini